Psicologia e Mondo dello Spettacolo

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A Roma

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Descrizione

  • Tipologia

    Corso

  • Luogo

    Roma

  • Ore di lezione

    200h

Obiettivo del corso: Capacità di gestire i successi e gli insuccessi nel mondo dello spettacolo. Rivolto a: chi lavora o intende intraprendere una carriera nel mondo dello spettacolo.

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Roma
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Via Appia Nuova, 254, 00183

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LE MIE LEZIONI A "STUDIO 254"
SU CINEMA E PSICHIATR

di Domenico Mazzullo

Essendo nato nel 1949 posso considerarmi ancora figlio del dopoguerra, con tutto ciò che questo comporta di negativo, ma anche di positivo certamente.

Sul versante negativo posso sicuramente riconoscere le condizioni economiche della mia famiglia, che certo non permettevano un mio impegno post-scolastico in tutte quelle attività sportive e sociali di cui sono piene le vite dei bambini di oggi, divisi ed impegnati tra basket, nuoto, scherma, corsi di inglese e di informatica e scuole di calcio per la gioia, mista a sacrificio dei genitori, forse più che dei figli.

A me, terminato l’impegno scolastico quotidiano per quattro sole ore al mattino, con un maestro unico e tanto di grembiulino e fiocco bianco, non rimaneva altro, nei lunghi pomeriggi, completati i compiti di scuola, che andare a giocare in istrada, con gli amici, giochi naturalmente autogestiti e realizzati con mezzi di fortuna e tanta fantasia e inventiva.

Ma la straordinaria timidezza che via via si faceva strada e si sviluppava entro di me figlio unico, superata e dominata, ma non vinta, grazie ad un corso di recitazione che riuscii a frequentare solo negli anni a venire universitari, mi rendeva sempre più difficile ed ardua la frequentazione delle comitive di ragazzini prepuberi ed immediatamente postpuberi che si andavano formando, condannandomi ad una scomoda quanto sofferta solitudine.

Unico antidoto a questa, graditissimo quanto salvifico, è stato il cinema che cominciai a frequentare assiduamente quanto solitariamente non appena i miei genitori mi dettero la possibilità di recarmici da solo.

Ai miei tempi esisteva una gerarchia rigida nell’ambito delle sale cinematografiche che, in ordine crescente di importanza, si distinguevano in: sale parrocchiali e sale di terza, seconda e prima visione.

Il mio già presente e percepibile anticlericalismo mi impediva di frequentare le sale parrocchiali, le più economiche ed abbordabili, per cui la scelta si soffermava sulle sale di terza visione, essendo quelle di seconda e prima irraggiungibili per le scarse risorse finanziarie.

Alla soglia dei dodici anni una grande scoperta, che segnò uno spartiacque nella mia educazione alla sessualità, fu rappresentata dalla conoscenza, avvenuta per opera di mio padre, del cinema-varietà, come si diceva allora, nel quale le proiezioni cinematografiche erano inframmezzate da spettacoli di pseudo-teatro leggero, meglio detto “avanspettacolo” nel quale comici improvvisati si esibivano in monologhi a doppio senso, che puntualmente non comprendevo e ballerine di età indefinibile e dai fisici improponibili, si contorcevano in danze lascive che suscitavano le sonore acclamazioni di un raro pubblico, assolutamente maschile, eccitato allo spasimo e rumoreggiante.

Come fosse permesso l’ingresso a me ragazzino solitario, ancora con i calzoni corti, mi risulta tuttavia un mistero. In queste sale si coniugava per me il piacere della carne, con il piacere tutto intellettuale e spirituale del film.

Al cinema in generale e al cinema di quegli anni, in special modo, devo tantissimo, non solo come compagno di tante ore solitarie, ma soprattutto e ciò è tuttora molto più importante per me, come strumento imprescindibile della mia educazione morale e civile, come avviamento e viatico per la vita.

Erano anni diversi da quegli attuali e il cinema, per fortuna, ne riproduceva e rispettava i gusti e le attitudini, forse più semplici ed elementari, forse meno sofisticate, ma sicuramente più comprensibili per la mente semplice di un bambino in cerca di certezze e rassicurazioni, di chiarezza interiore, sulla quale costruire la propria vita.

Le pellicole proiettate erano per la maggior parte in bianco e nero, rare quelle a colori, e il bianco e nero delle immagini si rifletteva anche in un bianco e nero di contenuti, soprattutto sul piano morale.

Il mondo era più semplice e chiaro: i buoni erano totalmente buoni e stavano da una parte, i cattivi viceversa erano totalmente cattivi e stavano da un’altra parte. I bianchi erano buoni e gli indiani irrimediabilmente cattivi; i tedeschi della II guerra mondiale cattivi, così come i loro alleati giapponesi e gli americani buoni; i nordisti della guerra di secessione, buoni, i sudisti schiavisti e dalle improponibili divise grigie i cattivi, i poliziotti difensori della Legge, naturalmente buoni, i criminali totalmente cattivi. Gli anni settanta erano ancora di là da venire con il loro revisionismo storico e film come “Un uomo chiamato cavallo”, “Soldato blu”, “Piccolo grande uomo”, che giunsero proditoriamente a cambiare le carte in tavola, per cui gli indiani diventavano improvvisamente buoni e i bianchi cattivi, scuotendo e scompaginando le nostre ferree certezze e le nostre granitiche sicurezze.

Questa rigida distinzione manichea sul piano morale, corrispondeva perfettamente al desiderio di certezze di una mente in formazione, bisognosa di porre dei pilastri sui quali costruire una propria morale adulta e consapevole, fatta e arricchita anche di “distinguo” e “chiari-oscuri” che andavo via via scoprendo ed aggiungendo, ma che dovevano basarsi su una solida impalcatura preesistente, per non essere invece sconvolgenti e destrutturanti.

Devo infatti al cinema soprattutto e specialmente a questo, la prima folgorante acuta scoperta del “senso del dovere” che rimarrà sempre per me, la struttura portante della mia vita, della lealtà, della fedeltà a se stesso e ai propri ideali, dell’onore da difendersi e rispettare, della libertà e in fine della dignità, bene supremo, indiscutibile, imprescindibile e alla quale non si può e non si deve mai rinunciare, anche a costo della vita.

Tutto questo al cinema e per mezzo del cinema? Senza dubbio e posso citare uno ad uno i film che hanno segnato la mia vita e che ancora torno a rivedere quando ho un problema, un dubbio morale, un momento di sconforto, una delusione, quando si ha l’impressione di aver sbagliato tutto e che tutto ci crolli addosso.

Per il senso del dovere posso citare certamente “Mezzogiorno di fuoco”; Un dollaro d’onore”, “Ombre rosse”; “Il buio oltre la siepe”, “Roma città aperta” Il Generale Della Rovere”; “In nome della Legge” ma anche film più recenti : “La Grande Guerra”; “Uomini contro”; “Becket e il suo re”; “Scent of a woman”; “Gli intoccabili”; “Gandhi”; “La confessione”; “Quattro minuti”; “Lettere da Iwo-Jima” e tanti altri che mi hanno condotto e sostenuto nella scoperta di questo sentimento.

Ma la vita non è fatta solo di doveri e così anche il cinema. Vi sono i sentimenti, le passioni, l’amore, la maternità, il coraggio e la vigliaccheria, le relazioni tra genitori e figli, tra figli, tra fratelli, i drammi della solitudine, della malattia, della morte, nostra e delle persone che ci sono care, dell’incertezza del futuro, dei fantasmi del passato che tornano a tormentarci, delle nostalgie e dei rimpianti, degli eroismi e delle umane miserie, delle fantasie nobili e meno nobili, i drammi della coscienza e gli acuti rimorsi, i sogni della infanzia e perché no, anche la fantascienza, ma anche e questo mi riguarda più da vicino, la umana follia.

Per ognuno di questi temi potrei citare decine di film, ma risulterei noioso. Lo faremo assieme. Intanto vorrei dare solo qualche piccola anticipazione di quei film che certamente ed inevitabilmente faranno parte dei nostri discorsi perché esplicativi, esemplificativi di quei sentimenti umani, di quelle situazioni umane, ma anche di quelle tipologie di personaggi che io psichiatra mi trovo a conoscere e vedere ogni giorno, che incontro ogni giorno, nella mia vita professionale e non:

 

Bergman  “Il posto delle fragole” Il viaggio onirico del dott. Borg, all’interno della sua coscienza di medico

Begman  “Il settimo sigillo”  L’uomo di fronte alla morte

 

Bergman  “Fanny e Alexander”

 

Hitchcock  Tutti i film al gran completo

 

Joffè  “Vatel”   La dignità di un cuoco

 

Ang Lee   “Mangiare, bere, uomo, donna”  Un padre alle figlie:”Noi ci preoccupiamo gli uni degli altri, ma non ce lo diciamo. La somma di queste preoccupazioni costituisce una famiglia”.

 

Ang Lee  “Tempesta di ghiaccio”  Una donna all’amante che dopo un rapporto le parla del suo lavoro: “Ho già un marito che mi parla di lavoro. Non ho scelto di avere un amante per sentir parlare di lavoro anche lui:

 

Wayne Wang  “Smoke”  Storie che si intrecciano a Brooklyn attorno alla bottega del tabaccaio.

 

Anderson-Coolidge-Heche  “Women” Tre episodi ambientati in tempi diversi nella stessa casa, per tre storie di omosessualità femminile

 

D’Alatri  “Casomai”    Scene da un matrimonio

 

Ivory   “Quel che resta del giorno”    Un eroe della rinuncia

 

Mulligan   “Il buio oltre la siepe”   “Signorina Finch si alzi in piedi. Passa suo padre”.

Lean   Il ponte sul fiume Kwai   La paranoia di un militare

 

Dmytryk   “L’Ammutinamento del Caine”   Ancora la paranoia di un militare

 

Bentos  “La macchia umana”   La vergogna delle proprie origini.

 

Kasdan   Turista per caso    Un disincantato turista della vita…

 

Comencini   Tutti a casa   Il dramma dell’8 Settembre

 

Salce  “Il Federale”    “Buca! Buca con acqua! Buca con acqua e sassi!

 

Scola  “La Famiglia”   Il ritratto di una famiglia della borghesia romana

 

Scola   “Una giornata particolare”   Due emarginazioni in una giornata di tripudio fascista

 

De Sica   “Il Giardino dei Finzi Contini”   Il dramma degli ebrei italiani nel ricordo dell’amore di Giorgio per Micol

 

Pupi Avati   La seconda notte di nozze   Il delicatissimo amore di uno schizofrenico

 

Pupi Avati   “Una gita scolastica”   Il film della nostalgia

 

Sono costretto ad interrompermi qui per ragioni di spazio, chiedendo idealmente scusa ai tanti altri film esclusi, ma che saranno protagonisti delle nostre conversazioni

 

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