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La teoria multifattoriale dei DSA

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Descrizione

  • Tipologia

    Corso

  • Livello

    Livello base

  • Ore di lezione

    16h

  • Durata

    2 Giorni

  • Inizio

    Consultare

La teoria multifattoriale di DSA
prevede la presenza di due tipi di DSA : un primo tipo collegato ad aspetti funzionali e quindi a problemi di codifica e decodifica dei suoni in lettere e viceversa, cioè riguardanti l’aspetto della transcodifica del codice sonoro; un secondo tipo di natura cognitiva, legati a difficoltà di percezione , di rappresentazione, astrazione, memorizzazione e logica , coinvolgenti le funzioni cognitive. L’inadeguato sviluppo di questo aspetto cognitivo è quasi sempre originato da esiti traumatici di traumi relativi all’attaccamento. Le due diverse tipologie di DSA non dovrebbero venire confuse, come spesso avviene, ma debbono potersi studiare e riconoscere per ciò che propriamente le contraddistingue. I disturbi di apprendimento noti come la dislessia, la disgrafia, la disortografia, e gli aspetti spaziali della discalcolia, appartengono al primo tipo di disturbi funzionali, mentre la meno nota disgnosia (Simonetta 2007), individua le carenze di tipo cognitivo. Alcuni soggetti disgnosici potrebbero presentare gli effetti di un disturbo misto di linguaggio , associato ad effetti di un disturbo della sfera “non-verbale”.

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Materie

  • Lettura
  • Prevenzione
  • Dislessia
  • Disgrafia
  • Apprendimento
  • Logica
  • Psicologia
  • Psicologia infantile
  • Logopedista
  • Logopedia

Programma

La teoria multifattoriale di DSA

prevede la presenza di due tipi di DSA : un primo tipo collegato ad aspetti funzionali e quindi a problemi di codifica e decodifica dei suoni in lettere e viceversa, cioè riguardanti l’aspetto della transcodifica del codice sonoro; un secondo tipo di natura cognitiva, legati a difficoltà di percezione , di rappresentazione, astrazione, memorizzazione e logica , coinvolgenti le funzioni cognitive. L’inadeguato sviluppo di questo aspetto cognitivo è quasi sempre originato da esiti traumatici di traumi relativi all’attaccamento. Le due diverse tipologie di DSA non dovrebbero venire confuse, come spesso avviene, ma debbono potersi studiare e riconoscere per ciò che propriamente le contraddistingue. I disturbi di apprendimento noti come la dislessia, la disgrafia, la disortografia, e gli aspetti spaziali della discalcolia, appartengono al primo tipo di disturbi funzionali, mentre la meno nota disgnosia (Simonetta 2007), individua le carenze di tipo cognitivo. Alcuni soggetti disgnosici potrebbero presentare gli effetti di un disturbo misto di linguaggio , associato ad effetti di un disturbo della sfera “non-verbale”.

La teoria multifattoriale attribuisce a molti differenti fattori, oltre che ad una predisposizione genetica, l’origine dei DSA: in particolare individua in un inadeguato o carente funzionamento del Sistema Nervoso Vestibolare , (Simonetta 2004) l’elemento responsabile del disfunzionamento delle aree corticali preposte alla realizzazione della transcodifica per realizzare lettura e scrittura. Gli aspetti funzionali carenti che si individuano nelle persone con dislessia, disortografia, disgrafia e una parte di discalcolia, riguardano infatti delle difficoltà attenzionali, deficit a livello di decodifica fonetico-fonologica, mancata affermazione di una prevalenza motoria sottocorticale stabile e coerente, problematiche a livello di orientamento spaziale, disregolazione dell’equilibrio posturale e carente organizzazione della motricità visiva a livello di movimenti saccadici degli occhi e di inseguimento lento. La dislessia è un ostacolo che infastidisce l’apprendimento, ma non lo disturba al punto da impedirlo, cosa che invece viene indotta dalla disgnosia, aspetto che coinvolge le funzioni cognitive di base che risultano carenti nei soggetti con DSA. Prova di ciò sono l’infinità di persone affette da dislessia che ieri come oggi si laureano in discipline impegnative e fondate su di uno studio rigoroso, mentre i soggetti che presentano una disgnosia, non solo non riescono a laurearsi, ma spesso vanno a far parte delle persone che abbandonano prematuramente gli studi e la scuola anche in periodo dell’obbligo.

Riconoscere e specificare per differenziare

Questa distinzione è d’obbligo in considerazione del fatto che spesso vengono in consultazione per ottenere una diagnosi di DSA, soggetti senza problemi nell’ambito delle modalità di transcodifica dei codici , ma che invece non comprendono nulla o molto poco di ciò che ascoltano a livello verbale. La domanda che nasce spontaneamente è la seguente : come può avere “un disturbo di transcodifica” un soggetto che legge in modo adeguato, ma che non comprende ciò che sente oralmente? Inoltre, sovente soggetti dislessici, con difficoltà di transcodifica e di codifica sonora, non hanno problemi di apprendimento, ma solo una lettura lenta e poco fluida.

Abbiamo evidenziato in una ricerca nel 2011 (in attesa di pubblicazione) come l’attaccamento insicuro o disorganizzato sia l’elemento che rende un soggetto dislessico anche un soggetto con DSA, infatti oltre alla dislessia questi soggetti presentano disgnosia.

La disgnosia vero disturbo dell’apprendere

La disgnosia è il vero esito di trauma a t piccolo cumnulativo o a T grande. I traumi come la mancata affermazione della prevalenza naturale portano verso disturbi più funzionali come la dislessia, invece traumi più profondi riguardanti l’identità, ma soprattutto l’attaccamento portano verso la disgnosia. La disgnosia è il disturbo delle capacità di conoscere o di apprendere per incompleta integrazione psiche-soma collegata a ritardo psicomotorio, ritardo nelle funzioni psicolinguistiche e nella evoluzione della rappresentazione mentale, elemento che collega il linguaggio allo sviluppo psicomotorio; inoltre sono spesso carenti anche le modalità logiche e di astrazione. Difficoltà di attenzione e concentrazione, labilità mnestica, scarsa autonomia, incoerenza e frammentazione nei processi di pensiero e comorbilità con disturbi somatici e/o della sfera emotivo-relazionale, sono altri aspetti che caratterizzano le difficoltà ad apprendere dei soggetti disgnosici. La sintomatologia, emersa dalle narrative dei genitori e degli insegnanti, si esprime attraverso difficoltà nell’apprendere i contenuti delle differenti materie scolastiche in una sorta di atteggiamento ipoattivo nei confronti degli stimoli esterni, identificato spesso all’esterno come “pigrizia”. La disgnosia (Simonetta 2012) è proprio un esito, in ambito cognitivo, di quei traumi che vengono riconosciuti come traumi dell’attaccamento e quindi inducono uno sviluppo traumatico infantile, che condiziona pesantemente l’evoluzione del soggetto direttamente a livello del comprendere e dell’apprendere. Il termine disgnosia indica una difficoltà a conoscere che può derivare sia da un carente sviluppo delle funzioni psicomotorie/ rappresentative e psicolinguistiche, e in questi casi il punteggio del Quoziente intellettuale, è relativamente basso, ma nella norma, oppure si presenta una differenza significativa tra “verbale” e “performance”. Questro termine vuole includere anche le difficoltà a conoscer dei soggetti che hanno un buon punteggio nel Q.I. , ma che nonostante questo, non riescono ad apprendere, in quanto le funzioni cognitive sono inibite da esiti traumatici e quindi dagli effetti ripetitivi legati alla mancata elaborazione di emozioni veementi o disfunzionali.

Collegamento tra i DSA e i trauni dell’attaccamento

Il possibile collegamento tra i traumi dell’attaccamento e i DSA, la disgnosia in particolare, va ricercato a livello di presenza precoce nel sangue di eccessive quantità di neurotrasmettitori quali l’adrenalina e la noradrenalina , presenza dovuta alla secrezione peritraumatica, di queste sostanze, che quando il bambino è molto piccolo possono incidere negativamente sullo sviluppo delle altre aree del cervello deputate alle funzioni cognitive di base e superiori. Le funzioni cognitive di base sono quelle collegate all’esperienza motoria del soggetto, limitata anch’essa dallo sviluppo traumatico, quali la sensazione, la percezione e la rappresentazione mentale e l’attenzione. (Fonagy 2010) Le funzioni cognitive superiori riguardano invece le capacità di astrazione, simbolizzazione , memorizzazione e logica che necessitano del supporto linguistico.

Infatti esiti di esperienze traumatiche o di violente emozioni, in tenera età (prima dei 6 anni), quali la paura o l’ansia, spesso collegate a fenomeni di abbandono precoce o di confusività eccessiva, si manifestano proprio a seguito della secrezione dei relativi neurotrasmettitori nel cervello,coinvolgendo le aree preposte alle funzioni cognitivo/rappresentative. Ma gli effetti di una eccessiva presenza di neurotrasmettitori possono coinvolgere anche altre aree cerebrali quali il giro del cingolo, il fascio arcuato, l’area di Werniké, oltre le aree preposte alla realizzazione della codifica e decodifica fonetica, organizzando circuiti mnestici automatici base della memoria implicita, difettosi e inefficaci.

Strategie controllanti (Liotti Farina 2012) vengono chiamati gli esiti traumatici a livello di comportamento dei soggetti in età infantile , per adattarsi e resistere agli effetti dolorosi di un attaccamento insicuro o disorganizzato. Numerosi autori tra cui Fonagy , Schore, ,Siegel,, Pat Ogden, F . Schapiro, dimostrano come gli esiti dei traumi possono cambiare la vita delle persone; nella teoria multifattoriale dei DSA, la disgnosia viene indicata proprio quale strategia controllante cognitiva, tramite la quale il soggetto riporta su di sé quelle cure genitoriali e quell’attenzione che gli sono precocemente mancati a livello relazionale.

Conoscere i DSA per curarli (prendersene cura)

Un tale inquadramento dei DSA permette di ipotizzare percorsi riabilitativi specifici per ogni problematica, consentendo di preparare un reale programma di prevenzione prima dell’ingresso nella scuola primaria e un percorso riabilitativo efficace , sorretto altresì da interventi psicoterapeutici precoci con lo scopo di alleviare il soggetto dagli eventuali esiti traumatici dei traumi dello sviluppo. La possibilità di intervenire nel periodo della scuola dell’infanzia con percorsi favorenti il funzionamento del sistema vestibolare e l’arricchimento percettivo possono essere un appropriato sistema di prevenzione dei DSA.

La teoria multifattoriale, in base a quanto fin qui esposto, prevede un percorso di cura e riabilitazione particolare per i soggetti con DSA, diversificato a seconda che si tratti di tipo funzionale o tipo cognitivo. La metodologia psicocinetica del TEP RED è la modalità attraverso la quale si riducono gli effetti del disfunzionamento vestibolare e si consente al soggetto di compensare o eliminare le difficoltà di codifica e decodifica fonetica.

I soggetti che presentano disgnosia necessitano invece di una psicoterapia detraumatizzante di tipo EMDR , per ridurre gli esiti traumatici e solo in seguito a questo intervento, affrontare un percorso di riabilitazione cognitiva tramite il TEP RED nei suoi aspetti cognitivi o la metodologia di FEURSTEIN per il miglioramento del potenziale cognitivo.

Anche per i genitori dei soggetti con disgnosia è necessario affrontare un percorso psicoterapeutico per riconoscere gli effetti e ridurre le implicazioni transgenerazionali relative alla mancata risoluzione di eventi traumatici o stressanti che hanno accompagnato la loro genitorialità e le modalità di attaccamento con i figli.

Implicazioni sul piano clinico

Le implicazioni sul piano clinico di questa teoria multifattoriale, riguardano per prima cosa, la possibilità di realizzare delle diagnosi precise e corrette circa il rapporto di causa-effetto rispetto alla molteplicità dei fattori coinvolti. Ciò consentirebbe al clinico di differenziare un disturbo funzionale, collegato ad aspetti di transcodifca, nella realizzazione di lettura, scrittura e calcolo da un disturbo a matrice prevalentemente cognitiva; oltre a permettere di riconoscere quando questi disturbi si presentano isolatamente , oppure associati e in questo caso, determinando la forma più grave di tale problema. Secondo contributo alle implicazioni cliniche è la possibilità di orientare i soggetti con le differenti problematiche a percorsi riabilitativi mirati al recupero delle differenti specificità che concorrono nel determinare lo specifico disturbo di apprendimento. Il terzo contributo, fondamentale sul piano clinico, è rappresentato dalla possibilità di organizzare una reale prevenzione nella scuola dell’infanzia e nei primi anni di quella primaria, intensificando le attività che concorrono allo sviluppo psicomotorio, linguistico e cognitivo.

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