Come raccontare un territorio, una storia, una popolazione attraverso un evento culturale?
Come rendere due città una soltanto? Come attraversare le barriere della documentazione video lasciandosi ispirare dalla magia di installazioni, giochi di luce e location mozzafiato? 

 

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Attraverso questa serie di articoli ( https://blog.accademiasantagiulia.it/category/rubriche/fuori-classe/ ), vi racconteremo i nostri prof attraverso quello che fanno, perché conosciate sì, qualche segreto della loro professionalità, ma soprattutto perché sappiate che tutti i nostri docenti sono dei playmaker. Insomma, dei veri e propri fuoriclasse! E quindi è proprio lì che vi porteremo, fuori dalle nostre classe, per farvi vedere un pezzettino del loro mondo e del loro lavoro.

 

Siamo pronti per svelarvi qualche segreto di Stefano Bianchi, docente di Fotografia e Tecniche dei Nuovi Media Integrati in Accademia SantaGiulia, che fuori-classe è direttore della fotografia e videomaker in Febo Films, la società che gestisce con il suo socio, Andrea Cominoli. 

 

Stefano ci accoglie virtualmente nel suo studio, cuffione sulle orecchie. Alle sue spalle strumenti del mestiere e un ufficio dal mood industrial che ci racconta un po’ del suo lavoro.

 

Stefano Bianchi, raccontaci un po’ di te, della tua carriera, di Febo Films! 

 

“Sono entrato ufficialmente nel mondo del lavoro 15 anni fa, prima per conto mio giravo cortometraggi e sognavo! Poi ho avuto la fortuna di affiancarmi a quello che è diventato il mio maestro, il mio papà lavorativo: Mauro Pini (anche lui docente di Fotografia in Accademia SantaGiulia). Sono stato suo assistente, per poco tempo, ma mi ha instradato dal punto di vista professionale, anche se la mia formazione tecnica è venuta per mano di mio padre che è un fotografo amatore. Sono praticamente figlio d’arte!

 

Vengo da un percorso un po’ diverso: ho studiato Advertising & Graphic Design alla NABA di Milano, una realtà simile a quella che è SantaGiulia oggi. Non esisteva ancora la specializzazione ufficiale in Audiovisivo, ma ho frequentato alcuni laboratori al di fuori delle lezioni, al di fuori del mio piano di studi: da lì è nata la spinta verso il mondo audio-video”. 

 

Dopo una serie di esperienze, da solo, con alcuni colleghi e tanta gavetta, nel 2018 arriva Febo Films, insieme ad Andrea Cominoli, suo socio e collaboratore “complementare”, con cui ha deciso di puntare ad una sfida ancor più ambiziosa per poter dialogare con realtà diverse, sempre più strutturate. 

 

Da quel momento, Febo Films si occupa, in Italia e all’estero, dello sviluppo di diversi tipi di progetti: spot, cortometraggi in campo moda, corporate film, video di prodotto, videoclip musicali e documentari.

 

Una curiosità: da dove deriva il nome Febo Films? 

 

Cercavamo un nome che fosse legato alla nostra cultura o all’eredità che ci appartiene. Da lì, ho pensato a Febo Apollo, concetto proveniente dall’antica Grecia, i nonni della nostra cultura, parte della nostra famiglia. Febo Apollo tutte le mattine portava il sole in cielo per andare poi la sera a riprenderlo. Di fatto illuminava la terra e, dal momento che io e Andrea siamo direttori della fotografia non facciamo altro nel nostro lavoro: pensiamo sempre alla luce! 

 

Proprio per questo, l’evento a cui Febo Films ha lavorato non poteva che essere più azzeccato: Stefano e il suo socio hanno documentato Light is LifeFesta delle Luci A2A, in entrambe le edizioni, bresciana e bergamasca. 

I luoghi simbolo di Brescia e di Bergamo, nel corso del mese di febbraio, hanno ospitato decine di opere luminose, create da light designer nazionali ed internazionali, rese realtà grazie al supporto di A2A. Tra le opere erano presenti anche alcune creazioni degli studenti di Accademia SantaGiulia, accanto a quelle di artisti come Kumari Burman, Marco Lodola, Federica Marangoni e Ivan Navarro. 

 

Come siete arrivati qui e come lavorerete a questa sfida? 

 

Siamo stati contattati da Kitonb (la società che si occupa della direzione artistica dell’evento) e ci è stato chiesto di creare un video che documentasse i diversi momenti dell’evento fin dall’allestimento.

L’obiettivo di questo tipo di lavori, di documentazione, è mostrare le cose così come sono, senza intervenire, ma cercando di valorizzarle al meglio grazie alla propria esperienza e alle capacità tecniche e conoscenze culturali. 

 

Stefano ci racconta come, in questi contesti, ci si possa solo adattare e reagire agli imprevisti cambiando punto di vista sulle cose e scendendo a patti con la realtà: è impossibile avere tutto sotto controllo!

 

In più, documentare questo evento è romantico, è un po’ come coccolare la nostra città e i cugini di Bergamo: ce ne prendiamo cura ed è molto bello!

 

Nella tua vita, però, hai scelto anche di insegnare in un’Accademia di Belle Arti. Cosa porti della tua professionalità e della tua esperienza in aula e agli studenti? 

 

Ci sono sicuramente due aspetti interessanti. Il primo è che il professionista riesce a prendere cose meno belle e farle diventare belle: illuminandole, scattandole da un altro punto di vista, riprendendole con altri movimenti. Insomma, il professionista non ha timore di scontrarsi con situazioni che non sono ideali. I ragazzi, invece, come è giusto che sia, tendono alla perfezione e se non la trovano si distraggono, si deprimono, si sconfortano! Io cerco di esortarli perché continuino a lasciarsi ispirare!

Il secondo aspetto, invece, è la possibilità per i ragazzi di incontrare persone che a livello professionale hanno imparato anche dagli errori; la scomposizione e l’analisi di questi è sicuramente una palestra importante di apprendimento.

 

Agli studenti, poi, è offerta una possibilità unica: lavorare in gruppo in classe, mentre i creativi solitamente sono “one man band”. È fondamentale per loro capire come il gruppo possa assumere caratteristiche sempre differenti grazie alla complementarità tra singoli!

 

Quali sono gli stimoli che ricevi come insegnante che ti permettono di essere professionista migliore?

 

Per me è necessario parlare con i ragazzi: quest’anno, ad esempio, per la prima volta nella mia vita, Kubrick mi è sembrato vecchio. Alcune forme di linguaggio sfuggono ai giovani, ricordo ancora la prima volta che ho visto Hitchcock: lo trovavo vecchio, legato al tempo in cui era girato e quindi comprendo i miei studenti.

 

Nella mia vita professionale. quando mostro qualcosa ad un cliente, so che sarò sottoposto a delle critiche. Allo stesso modo in aula, nel confronto con i ragazzi i punti deboli vengono a galla! Di fronte ai miei studenti vedo cose che da solo non riesco a vedere, me ne rendo conto e mi aprono gli occhi su cose nuove. Mi permettono di stare al passo con i tempi, in ogni forma creativa. Loro si esaltano, si accendono facilmente per molte cose diverse, molto più di noi adulti! 

 

Stefano, più volte durante la nostra chiaccherata, evidenzia la capacità dei ragazzi di continuare a sperimentare, l’entusiasmo contagioso, la voglia di osare e la passione travolgente che li pervade e che resta viva, sempre. 

A proposito di luce: mentre racconta gli brillano gli occhi!

 

Chiudiamo con un consiglio ai tuoi ragazzi, al volo!

 

Lo stesso che hanno dato a me: fotografare e girare il più possibile.

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