Con il decreto legge n. 81 del 22 maggio 2017 (Job Acts del lavoro autonomo) entrata in vigore dal 14/06/2017 è stato regolamentato anche nel nostro Paese l’utilizzo di modalità di lavoro a distanza. 

Lo smart working altro non è che una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.

In altre parole ci troviamo di fronte a una modalità di lavoro differente che consente al lavoratore maggiore autonomia nell’organizzazione della sua giornata lavorativa. Senza dubbio una vera innovazione che limita i dogmi della subordinazione lavorativa, da sempre ancorata al concetto di controllo della prestazione e della prossimità fisica con il diretto responsabile.

Lo smart working rappresenta un miglioramento nella qualità di vita dell’impiegato, consentendo una maggiore flessibilità e una migliore conciliazione del lavoro con la vita privata. Proprio grazie ai numerosi vantaggi che offre è divenuto negli anni una modalità organizzativa sempre più utilizzata all’interno del tessuto produttivo nazionale, applicandosi anche i rapporti di lavoro intrattenuti con le pubbliche amministrazioni.

Nelle ultime settimane, conseguentemente alle restrizioni imposte dall’epidemia di Coronavirus, in Italia si è tornati a parlare a lungo delle modalità di telelavoro, la crisi sanitaria ha messo in atto una serie di misure di sicurezza per i cittadini che hanno visto il moltiplicarsi di aziende che hanno deciso di optare per l’attività professionale a distanza. Il 25 Febbraio 2020, il Consiglio dei Ministri Italiano è intervenuto nuovamente sul tema con un DPCM finalizzato a favorire la diffusione dello smart working all’interno delle Regioni interessate da provvedimenti restrittivi (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto e Liguria).

Più precisamente i lavoratori aventi residenza o domicilio in una delle regioni interessate, oppure le aziende che hanno filiali o stabilimenti nei medesimi territori, possono ricorrere al lavoro agile anche in assenza di uno specifico accordo (in deroga alla disciplina prevista dalla Legge 81/2017) fino al 15/03/2020.

Si tratta certo di una misura straordinaria e non destinata a durare nel tempo, la priorità nel mezzo della crisi a cui stiamo assistendo è quella di salvaguardare il diritto al lavoro delle persone e delle aziende direttamente interessate da provvedimenti restrittivi. 

La straordinarietà dell’evento non solleva però il lavoratore dal compimento degli obblighi che permettono il corretto funzionamento di tale strumento, così come ricordato anche dal Ministero del Lavoro. Tra questi ricordiamo l’obbligo di comunicazione telematica al Ministero del Lavoro e l’obbligo di informativa al lavoratore. Entrambi gli elementi sono stati interessati da alcune modifiche, in particolare fino al 15/03/2020 basterà autocertificare la residenza dell’azienda o del lavoratore in una delle aree interessate, in sostituzione dell’accordo individuale.

Un Aggiornamento si rende infine necessario riguardo all’informativa dei rischi connessi alla modalità agile in considerazione del nuovo Coronavirus (anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro). Per avere maggiori dettagli ed informazioni sulla corretta attuazione delle modalità di telelavoro è possibile fare riferimento a quanto disposto dalla Legge 81 del 22 maggio 2017.

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