La nostra serie di post dedicata alle professioni si arricchisce oggi con la figura del Mediatore Familiare. Siamo andati a intervistare il dott. Luciano Bonafiglia di Cenaf, Centro Nazionale Alta Formazione che opera negli ambiti della psicodiagnostica, della psicologica, dei disturbi dell’apprendimento e della mediazione familiare.  Insieme al dott. Bonafiglia cercheremo di capire perché negli ultimi anni si parla sempre di più di questa disciplina e i tratti che contraddistinguono questa figura professionale.

Entriamo un po’ in contesto il mediatore è una figura relativamente nuova, come e dove nasce la mediazione familiare, quando si inizia parlare di questa disciplina in Italia?

La mediazione familiare interviene per far fronte alla necessità di riorganizzazione del nucleo familiare, per risolvere o attenuare situazioni conflittuali, e non esclusivamente  in contesti di divorzio. Si tratta di un approccio che risponde non solo all’esigenza di uno snellimento a livello giurisdizionale, ma anche al bisogno di risolvere le controversie con soluzioni più a misura dei differenti conflitti e nell’interesse dei figli.

La mediazione familiare nasce negli Stati Uniti alla fine degli anni ‘60 e inizia a diffondersi in Canada. Negli anni a venire si inizia a parlare di Mediazione Familiare nell’Europa Occidentale e negli anni ’90 si sviluppa nel nostro paese, a causa dell’aumento del numero di separazioni e divorzi. Parallelamente in Italia nasce un movimento che, guardando a ciò che accade internazionalmente, desidera promuovere un approccio conciliativo ai conflitti e che propone strumenti alternativi ai processi giudiziari.

Qual è il ruolo del mediatore familiare? Di cosa si occupa?

Lo scopo della mediazione familiare come dicevamo prima, è quello di consentire ai coniugi che hanno deciso di separarsi di arrivare a degli accordi che permetteranno loro di essere artefici della propria “riorganizzazione familiare” che cambierà la vita dei membri della famiglia. Per capire questo tipo di servizio e la differenza con altri tipi di intervento, si deve partire dal presupposto che le persone , pur in un contesto di crisi emotiva e organizzativa, come può essere una crisi coniugale, decidono di assumersi la responsabilità di decidere e  raggiungere accordi, senza ricorrere ad un terzo,  come un avvocato o un giudice. Il mediatore familiare, infatti, assume una posizione di neutralità, non giudica l’operato dei coniugi, ma gioca il ruolo del facilitatore, promuovendo la comunicazione tra le parti e stimolando la ricerca delle soluzioni che meglio si adattano ad ogni situazione.

La mediazione prevede un massimo di 13 incontri, attraverso i quali si cerca di raggiungere degli accordi in tempi brevi, permettendo un notevole risparmio sui costi del divorzio, il documento con gli accordi scritti e firmati dalle due parti , passerà all’avvocato che verificherà la conformità e lo presenterà al giudice. Ma, soprattutto bisogna sottolineare i benefici dal punto di vista psicologico, perché tra i compiti del mediatore c’è proprio quello di evitare la “patologizzazione” del divorzio, per interpretarlo come un’occasione di crescita per la famiglia.
Qual è il percorso formativo per diventare mediatore familiare? Cosa è consigliato  studiare, tirocini da realizzare, riassumiamo un po’ l’iter.

In Italia si può diventare mediatori familiari dopo aver conseguito un master post laurea in Mediazione Familiare, sia privato che universitario. In ambito privato è però consigliabile scegliere scuole che abbiano i riconoscimenti previsti.

I suddetti Master rispettano requisiti e criteri che sono definiti da diversi enti e associazioni che periodicamente, in considerazione delle riforme didattiche e legislative, definiscono i parametri per riconoscere e accreditare il Master in oggetto.

Tra i diversi organismi ed enti importanti, a livello nazionale ed europeo, troviamo l’Aimef (Associazione Italiana Mediatori Familiari) e il Forum Europeo di Ricerca e Formazione in Mediazione Familiare. In base ai criteri definiti, questi Enti vigilano sui Master e sulle scuole formative, circa il monte ore di formazione, il tirocinio, gli argomenti del programma proposto, il personale docente, l’esperienza del tirocinio e la sua supervisione, la frequenza alle lezioni, la distribuzione delle diverse discipline del curriculum formativo, l’esame di fine Master,ecc

Solo gli studenti che avranno svolto l’attività di tirocinio, rispettato il monte ore delle lezioni e superato l’esame finale, verrà rilasciato un attestato che lo qualifica come mediatore familiare.

Di solito, un esame di fine master prevede un elaborato finale (tesina), una simulazione di un caso di mediazione e una prova teorica (tema o domande a scelta multipla).

Vale la pena sottolineare che l’iscrizione a tali master prevede una selezione dei candidati basata sulla valutazione di un colloquio e di un curriculum. Le lauree solitamente ammesse a tali master sono: giurisprudenza, psicologia, sociologia, servizi sociali, scienze dell’educazione.
Non tutti i profili possono ricoprire questo ruolo, quali doti umane deve avere il mediatore, al di là delle competenze che si possono acquisire con la formazione.

Le doti umane e personali fondamentali  per chi intende intraprendere un percorso di formazione per diventare mediatore familiare sono:  l’attitudine all’ascolto, l’ attitudine all’empatia, una mentalità che tende a non giudicare, scevra da pregiudizi e stereotipi e  buone capacità comunicative.

Le competenze che, invece, un mediatore familiare deve acquisire nel suo percorso di formazione, riguardano i seguenti ambiti:

  • Counselling relazionale
  • Gestione dei conflitti
  • Gestione delle dinamiche emotivo-relazionali
  • Comunicazione
  • Dinamiche di gruppo
  • Formazione ed empowerment

Inoltre,  il mediatore deve dominare anche:

  • Aspetti funzionali e disfunzionali della famiglia
  • Aspetti funzionali e disfunzionali della coppia
  • Aspetti giuridici
  • Aspetti economici
  • Aspetti Psicopedagogici
  • Dinamiche di gruppo

Prospettive lavorative di questa figura, settori di occupazione, ambiti in cui opera.

Le nuove riforme legislative in ambito di diritto della famiglia, a partire dalla legge 54 del 2006 hanno notevolmente contribuito allo conoscenza e divulgazione di questa nuova figura professionale di ausilio agli avvocati e non.

Gli sbocchi professionali possono essere molteplici, sia in ambito privato che pubblico. Comuni, Asl, studi privati, consultori, sportelli per la famiglia, istituti scolastici, sono solo alcuni degli ambiti in cui la figura del mediatore familiare viene sempre più richiesta: si può lavorare in proprio, presso uno studio professionale, presso enti locali, comunali e regionali. Presso i servizi territoriali è possibile trovare sempre più frequentemente questa figura di cui è ormai consolidata l’utilità e funzionalità.

Molti, inoltre, sono gli studi associati che vedono questa figura professionale ormai consolidata e diventata in molte realtà nazionali una prassi in un’ottica di lavoro di equipe.

 

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